Molte delle sculture conservate nella Certosa Monumentale di Bologna sono capolavori assoluti dell'arte funeraria. Io sono sempre stato attratto dal loro fascino, in special modo da quello delle statue ottocentesche, e vi ho sempre letto sentimenti di disperazione edi angoscia. Ultimamente però mi sono ritrovato a fotografare in Certosa con una macchina fotografica che non lascia spazio alla superficialità ed alla fretta. Si tratta di una Linhof Technika degli anni quaranta, una folding che permette di lavorare come con un banco ottico, anche se con minore versatilità. Le fotografie vengono impressionate su pellicole piane di grandi dimensioni (10x12 cm) sviluppate singolarmente. Questo permette di scegliere i parametri espositivi e le tecniche di sviluppo per ogni scatto, e costringe contemporaneamente a riflettere a lungo prima di scattare la fotografia, sia per la scelta del tempo e del diaframma, sia specialmente per la scelta dell'inquadratura e dei movimenti di obiettivo e dorso.
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Un episodio per tutti è particolarmente curioso. Ho fotografato spesso la statua della tomba Minelli, opera di Carlo Monari, con questi risultati: la prima volta l’immagine non è risultata a fuoco; nella seconda fotografia la testa è venuta "tagliata"; un'altra volta ho sbagliato a inserire lo chassis nella macchina e l'immagine si è sovrapposta ad un'altra, risultando illeggibile; un'altra ancora, mentre scattavo, la testa del cavalletto, fissata male, ha ceduto e la macchina si è inclinata lentamente determinando una fotografia mossa, illeggibile. L'ultima volta, l'unica in cui il risultato era soddisfacente, in camera oscura il negativo ancora bagnato è caduto a terra e si è segnato su un lato. Saranno sicuramente tutti casi fortuiti, ma per me è la Minelli che non vuoi farsi fotografare! Per un puro caso poi, mentre stampavo queste fotografie, mi sono trovato a leggere il "Cantico dei Cantici", meraviglioso poema d'amore della Bibbia. Ho notato così strane assonanze fra le immagini delle mie fotografie e i versetti del poema. Con una lettura più attenta ho allora raccolto un certo numero di stampe e le ho messe in relazione con i versi. Non si tratta di commenti didascalici. A volte le immagini seguono la descrizione dei versi, a volte sono delle specie di controcampi o di inquadrature "soggettive", a volte hanno in sé solo una lieve assonanza con la poesia. Sta al lettore trovare, se ci sono, i nessi fra le immagini e i testi. Mi piacerebbe che questo mio lavoro fosse considerato per quello che vuole essere: un tentativo di accostare poesia, arte e fotografia per trarne sensazioni del tutto personali, il cui valore è indubbiamente soggettivo, e non assoluto. Di mio c'è solamente un grande amore per queste cose.
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